Green pass sul lavoro: i 10 punti da chiarire

1 Chi controlla l’imprenditore?

Per quando riguarda i meccanismi di controllo del green pass dei dipendenti non si sono grandi problemi. Le aziende si sono abituate a controllare la temperatura all’ingresso, si tratta i una prassi che è entrata nelle consuetudini aziendali. Il problema è: chi controlla l’imprenditore? Difficile pensare che possa garantire per se stesso. I no vax d’altra parte sono presenti in ogni categoria.

2 Chi controlla il tassista, il rider e l’idraulico? (e in generale i lavoratori autonomi a contatto diretto con il pubblico)

Prendiamo un idraulico che lavora in proprio che va a fare una riparazione a domicilio di un cliente. Chi controlla il green pass? Si è parlato della possibilità che a fare la verifica sia il cliente. Ma quali strumenti ha il cliente per riconoscere se il green pass è valido oppure no? E se poi si rivelasse che l’idraulico non aveva il pass, il cliente sarebbe soggetto a sanzioni? Questi punti sono ancora da chiarire. Una situazione simile si potrebbe creare con i tassisti. Anche qui c’è un lavoratore autonomo che ha contatto diretto con il pubblico. In questo caso si è parlato della possibilità che a fare i controlli siano le cooperative dei tassisti stessi. Ma queste non sono veri e propri datori di lavoro. «Sono da chiarire gli aspetti legati all’applicazione del green pass ai lavoratori autonomi — sottolinea il giuslavorista ed ex presidente Anpal Maurizio Del Conte —. Non dimentichiamo che i lavoratori autonomi spesso lavorano anche per conto di imprese. Prendiamo un agente di commercio che partecipi a una riunione presso un’azienda: va chiarito se deve avere il green pass e chi deve fare i controlli».

3 Come si regolerà il lavoratore in smart working?

Per i diffidenti del vaccino che lavorano da casa la vita può essere più facile: basta fare il tampone nei pochi giorni in cui si rientra per incontrare i colleghi. Qualcuno ha adombrato la possibilità che in realtà il dipendente debba avere il green pass anche mentre lavora da casa. Ma sarebbe difficile giustificare un’imposizione di questo tipo. «In un certo senso, anche la prestazione resa in modalità agile da casa o in ambienti decentrati (penso ai vari coworking ) potrebbe essere considerata come resa comunque in un “luogo di lavoro” — dice l’avvocato del lavoro Cesare Pozzoli —. È pertanto necessario un chiarimento legislativo, giacché sarebbe alquanto invasivo un provvedimento che esigesse l’esibizione del certificato verde anche per i lavoratori in smart working (a parte gli evidenti problemi applicativi che si porrebbero in aggiunta a quelli già presenti per i gli altri lavoratori)».

4 Come funziona la sostituzione del lavoratore? E quanto può durare?

Un testo del decreto circolato in questi giorni parla della possibilità di sostituire il dipendente no vax che ha deciso di restare a casa senza stipendio. Ma soltanto per le imprese sotto i 15 dipendenti e soltanto per 10 giorni. In effetti il problema della sostituzione è più pressante nelle piccole imprese. Prendiamo un’attività artigiana con quattro dipendenti: se due fossero no vax verrebbe a mancare il 50 per cento della forza lavoro. Per le organizzazione delle piccole e medie imprese, dieci giorni di sostituzione sono pochi. E in ogni caso non è detto che possibilità di ingaggiare un sostituto risolva il problema. Quando le mansioni del lavoratore assente sono delicate e rare, la sostituzione potrebbe essere difficile.

5 Quante persone potranno rientrare in ufficio? Il 30, il 50 o l’85%?

Anche nei luoghi dove tutti hanno il green pass il virus può continuare a circolare. Oggi nelle grandi aziende i protocolli richiedono di solito una presenza massima del 30-40% dei dipendenti all’interno degli open space. Come funzionerà domani con il green pass? E’ tutto da capire. Nella pubblica amministrazione dal primo gennaio dovrebbero poter rientrare in ufficio l’85% dei dipendenti pubblici. Questo fa pensare a un’epidemia in forte ritirata. Ma chi garantisce che sia così?

6 In ufficio con il green pass si può stare senza mascherina? E quale deve essere il distanziamento?

Nelle scuole per ora non è arrivato il via libera a stare senza mascherina nelle classi dove tutti hanno il green pass. Sarà possibile averlo per gli uffici? Anche questo è un aspetta che può influire nella pratica sulla quantità di smart working nelle organizzazioni: lavorare senza togliere mai la mascherina per 8-9 ore non è facile e potrebbe addirittura diminuire la produttività.

7 I protocolli di sicurezza vanno rivisti?

I protocolli aziendali di sicurezza adottati con il Covid discendono dal protocollo del 6 aprile 2020 firmato dalle parti sociali. Dopo quel protocollo sono accadute due cose: l’arrivo della variante Delta, molto più contagiosa, e l’adozione del green pass. Confindustria auspica già la revisione dei protocolli stessi, i sindacati frenano. Da notare: l’Anma, l’associazione nazionale dei medici aziendali, ha ribadito di recente che i protocolli con le regole sulla sanificazione, le mascherine e i distanziamenti non possono essere superati attraverso l’utilizzo del green pass. «I protocolli non possono certo essere disapplicati nel momento in cui entra in vigore il green pass obbligatorio — dice il giuslavorista Maurizio Del Conte —. Volendo, potrebbero essere modificati tenendo conto dell’esistenza del vaccino e dell’introduzione del green pass. Se voglio la massima sicurezza, in teoria protocolli e green pass potrebbero essere usati in contemporanea: la legge parla di massima sicurezza possibile. Un eventuale allentamento delle misure dovrebbe essere giustificato».

8 Come bisogna regolarsi con colf e badanti?

Il contratto di colf e badanti rende possibile il licenziamento semplicemente per il venire meno del rapporto di fiducia con la famiglia. Ed è chiaro che il rapporto di fiducia può venire meno anche a causa del fatto che il lavoratore non ha il green pass. Attenzione, però: dichiarare nella causa del licenziamento la mancanza di green pass per colf, baby sitter e badanti potrebbe mettere in difficoltà le famiglie. La legge infatti dovrebbe stabilire che, in generale, è vietato il licenziamento per mancanza di green pass. «La norma, inoltre, impone alle famiglie l’onere (non sempre agevole, specie per persone anziane di età) di richiedere e di controllare il green pass, esponendosi in caso contrario a rilevanti sanzioni amministrative (da 600 a 1.500 euro), oltre al rischio civile, economico e financo penale di contagio colposo ove si verifichi un’infezione da Covid-19 nelle mura domestiche», fa notare Cesare Pozzoli.

9 Saranno possibili da parte dei datori di lavoro controlli a campione o i controlli dovranno essere sistematici?

Le bozze di decreto ammettono i controlli a campione, senza specificare, al momento, con quali percentuali di lavoratori controllati.

10 Chi entra sul lavoro con un falso green pass rischia il licenziamento?

La norma prevede anche che il lavoratore che faccia ingresso nei luoghi di lavoro dal 15 ottobre senza il Green Pass sia «punito con la sanzione amministrativa» e che «restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore». «Visto che i contratti nazionali di lavoro e i regolamenti aziendali non prevedono ancora sanzioni disciplinari specifiche per i lavoratori che accedano sui luoghi di lavoro dichiarando falsamente di essere in possesso di Green Pass, si pone il problema giuslavoristico della sanzione da irrogare. Data la gravità della situazione potrebbe anche essere adottata la massima sanzione, ovvero il licenziamento per giusta causa ex articolo 2119 del codice civile, che non esige secondo la giurisprudenza prevalente una specifica tipizzazione delle infrazioni, ma può essere intimata per gravissime violazioni dei doveri del vivere civile», solleva la questione Pozzoli. In altre parole, chi dal 15 ottobre attestasse falsamente di avere il certificato verde entrando nei luoghi di lavoro con un maggior rischio di contagiarsi e di contagiare altri lavoratori, potrebbe porre in essere un comportamento punibile con il licenziamento per giusta causa.

Elena Santarelli